Monday, September 18, 2006

Riccardo Orioles: tanto per abbaiare 7 agosto2000

- n.34________________________________________Exodus. La guerra e' appena finita e da un porto italiano un vecchio cargo, l'Exodus, prende faticosamente il mare. Non sono regolari ne' i documenti ne' il carico della nave. Quest'ultimo e' costituito da alcune centinaia di profughi ebrei, la maggior parte donne e bambini: sono sopravvissuti ai lager e alle persecuzioni, ma forse in Palestina - dove la nave in realta' e' diretta - potranno ricostruirsiun'esistenza. In Palestina governa ancora l'amministrazione colonialeinglese, che vieta tassativamente - per motivi politici -l'immigrazione: se un guardacoste dovesse incrociare l'Exodus,comandante ed equipaggio dovrebbero rispondere di gravi reati.La nave procede lentamente col suo carico di sconfitte e speranze e ilsole del Mediterraneo, un'alba e un tramonto dopo l'altro, scandiscedei giorni lunghissimi, in cui ogni momento puo' essere quello finale.Ogni tanto compare una sagoma all'orizzonte: le donne e i bambini sulponte corrono a nascondersi nella stiva e i marinai controllano che nonsia rimasto nulla in coperta che tradisca il carico di esseri umani. Sequella sagoma dovesse appruarsi d'un colpo e serrar le distanze,vorrebbe dire che e' una nave di sorveglianza, e che tutto e' finito. Ma ogni volta la sagoma lontana fila diritta per la sua rotta, e dopoun po' sparisce all'orizzonte.L'Exodus raggiunge - clandestinamente - le coste della Palestina e -clandestinamente - sbarca il suo carico di sopravvissuti. Sono i primimesi e anni dopo la guerra e anche in questi esseri umani c'e', come intutti, il senso che ora si ricomincia da capo, che forse nel tempo avenire il mondo - che chissa' perche' ci ha risparmiati - sara' piu'buono. Ma questo e' un altro discorso. Nella storia dell'Exodus, inogni caso, noi italiani figuriamo onorevolmente: ci sono italiani fragli organizzatori, sono italiani i capitani di porto che chiudono unocchio sui documenti fasulli e i marinai di guardia che "non siaccorgono" delle figure che s'arrampicano furtivamente di notte lungole scalette d'imbarco.La vecchia carretta, l'Exodus, e' stata smantellata all'arrivo. O,forse, ha continuato a navigare: cambiando nome ogni volta, per cercardi sfuggire ai registri dei vari governi. Adesso, io credo che il suonome sia Kalsit: cosi' almeno c'e' scritto a grosse lettere bianche la'a poppa, ma saremmo ingenui a credere che il porto di provenienza siadavvero quello scritto sotto, o che i documenti di bordo (in greco, inturco e - ci piacerebbe - anche in italiano) non siano contraffatti;chissa' quando denaro ci sara' voluto, o quanta pieta' forse, perfalsificare quelle carte. Il carico, e' quello di sempre:trecentocinquanta profughi, stavolta curdi, che sfuggono da ungenocidio in cerca di una terra in cui si viva.C'e' stato un incidente diplomatico, fra il governo italiano (stavolta,nel ruolo delle guardie) e quelli greco e turco (stavolta, nel ruolodegli italiani) che avrebbero chiuso un occhio sui documenti. La gentedi Crotone, in Calabria, ha accolto da meridionali i profughi: hannodato acqua e cibo, hanno scambiato parole.Dicono che nei suoi giri per l'Italia il presidente della Repubblica, che e' vecchio e ne ha viste tante, abbia di questi tempi una mania, quella di far suonare bandiere e sventolare inni. Ha perso una buona occasione. L'inno della povera Italia, quella che "chiudeva un occhio" sugli ebrei, sarebbe risuonato benissimo sul molo di Crotone ad accogliere l'Exodus che tornava in patria: il tempo di sbarcare *questi* profughi, di trovar loro una casa, di festeggiare i marinaiper il loro coraggio, e poi l'Exodus sarebbe ripartito - con chissa'quale nome stavolta: ma coi suoi bravi documenti falsi debitamentevistati dalle autorita' italiane - verso la sua ennesima ignotadestinazione.

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